La storia dell’uomo è intrecciata a quella della sua alimentazione e i formaggi hanno accompagnato la sua evoluzione sin dall’antichità. Fu nella preistoria, quando da nomade l’uomo divenne stanziale, che si scoprì la trasformazione del latte fresco in formaggio a media-lunga conservazione.

I primi trasformati caseari furono sostanzialmente degli yogurt liquidi diffusi nell’antica Grecia e in Anatolia. Lo yogurt come lo conosciamo oggi invece arrivò in Occidente al seguito delle tribù delle steppe.

Dal latte fermentato al formaggio

Una leggenda narra che fu il caso ad insegnare all’uomo come produrre il primo formaggio. Trasportando il latte in otri ottenuti dagli stomaci degli agnelli, complice il calore e gli scossoni del viaggio, ci si accorse che il latte era coagulato separando le sostanze grasse e proteiche dal siero e dagli zuccheri. Era la prima cagliata e da lì, il primo formaggio.

I greci usavano il paniere per riporre la cagliata, il “formos”, che diede poi il nome a quello che oggi chiamiamo formaggio.

Il documento più antico che testimonia la trasformazione del latte risale al III millennio a.C. ed è il famoso “fregio della latteria”, un bassorilievo che rappresenta i sacerdoti-casari nelle varie fasi di lavorazione, dalla mungitura alla cagliatura, alla messa in forma.

Sono dunque i greci a dare il nome al formaggio e ad introdurlo nella storia dell’uomo.

Ippocrate, il padre della medicina scientifica, impartendo lezioni sulla dieta alimentare scrive che il formaggio è “forte, nutriente e riscaldante”. Anche Platone apprezza lo pone come uno degli alimenti più importanti per il buon andamento della Repubblica anche se bisognerà attendere l’Impero romano per vedere nascere i primi veri caseifici.

Nel medioevo l’arte casearia fu praticata soprattutto presso le abbazie ed i conventi. La crescente quantità di latte a disposizione favorì infatti la definitiva affermazione di un’industria casearia legata ai vari ordini monastici. Nel Duecento la valle padana diventò il principale mercato caseario d’Europa.

Il Settecento è il secolo della grande svolta della tecnologia casearia che segna definitivamente il passaggio dalle vecchie tecniche alle nuove tecnologia sviluppate nei laboratori artigianali e industriali. In Italia questo rinnovamento è riscontrabile maggiormente nella pianura padana.

Il Novecento intensifica sempre di più la corsa all’industria e si qualifica come il secolo della produzione casearia standardizzata, ancorata a tecniche valide sotto il profilo igienico-sanitario ma poco rispettose della biodiversità.

Con il nuovo millennio prosegue da un lato la corsa verso prodotti light dal profilo tendenzialmente monocorde, facili da mangiare e che non lasciano tracce gustative e, dall’altro, aumenta la percentuale dei consumatori accorti che prediligono prodotti di carattere come i tanti formaggi nel panorama italiano che hanno alle spalle un lavoro ed un sapere artigiano, una sensibilità per l’allevamento, o semplicemente un bravo casaro.

Noi confidiamo che questo binario legato alla tradizione e all’eccellenza continui e non si interrompa.

 

Per approfondire:
“Il gusto del formaggio. Conoscere le forme del latte”, Slow Food Editore